James è il figlio perfetto, popolare e bravo a scuola; un perfetto Grifondoro come Lily e i nostri genitori. Faccio un passo dentro la stanza e mio padre smette di sorridere, prende il giornale e si immerge nella lettura di esso senza degnarmi di uno sguardo. Mamma diventa nervosa e inizia a mangiare in silenzio, neppure lei mi guarda. James mi guarda sottecchi e non dice niente mentre Lily mi sorride gentile.

“Dove sei stato ieri sera?” sibila mio padre da dietro il giornale.

“Dove mi pare” replico stizzito, è un anno che mi tratta come un estraneo; avevo quindici anni quando sono tornato a casa per le vacanze di Natale e dissi di essermi innamorato, non la prese bene…

“Non mi rispondere con quel tono, Severus” sibila quell’uomo seduto a capotavola.

“Io rispondo come cazzo mi pare!”

La prima stesura di questa storia parlava di un grande dolore. La seconda di una furia terrificante. Questa terza e ultima versione è mitigata e limata su ambedue i fronti.

"Sono la tua puttana, ti ho in pugno".

Vi auguro una buona lettura, Aleksej Larkey.

(Questa è l’ultima volta.)

La ciclica, fasulla rassicurazione necessaria affinché io possa girare quella ruvida maniglia, il calcio emotivo che mi guidi all’interno di quello squallido, tetro edificio tagliato fuori da occhi e orecchie indiscrete, avide.

L’effluvio pungente di profumo scadente, di muffa e di sudore stantio mi si appiccica sulla pelle del viso sfuggito dalla protezione della sopravveste come viscida colla.
Ma a turbarmi maggiormente è l’avvertirne la familiarità, l’aver sviluppato la capacità di riconoscerlo così nitidamente.

E la consapevolezza (la vergogna)…
Questo macigno mi schiaccia, mi offende, mi canzona come una stridula risata.
Ma non mi ferma.

Non l’ha mai fatto.

(Questa è l’ultima volta)